Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera di Aldo Mucci, dirigente CGIL di Agrigento
Oggi le carceri italiane ospitano 67.174 detenuti, dei quali il 50% (circa 37 mila) scontano una condanna definitiva. Gli altri (circa 27 mila) sono in attesa di giudizio. Ogni singolo istituto di pena contiene il doppio dei detenuti rispetto alla capienza regolamentare.
In Sicilia hanno sede 33 istituti (case circondariali, case di reclusione etc), fatiscenti ed antichi, privi dei più semplici requisiti stabiliti dagli organismi di tutela dei diritti umani. Uno Stato civile deve togliere la libertà a chi ha commesso un reato ed è stato giudicato colpevole, ma non può privare le persone della propria dignità e attentare alla loro salute facendoli vivere in gravi situazioni igieniche, senza adeguate cure e nel sovraffollamento delle strutture carcerarie. Le cifre di coloro che muoiono nelle carceri italiane dimostrano che, queste non sono luoghi di rieducazione, come vuole la Costituzione, ma vere e proprie “discariche sociali”. Le cause del sovraffollamento sono molte. Dall’assenza di un piano di edilizia carceraria che risolva il problema e da una legislazione sulla pena alternativa al carcere che è drammaticamente carente. Nel 2010, dalla relazione sull’attività svolta dal Garante per la tutela dei diritti dei detenuti della regione sicilia, emergono numeri allarmanti: detenuti 8017, di cui uomini 7802, – donne 215 – extracomunitari 1903 suddivisi a sua volta in appellanti, imputati, definitivi, internati, extracomunitari etc.
In attesa di capire se trattasi di un fenomeno a cui l’UE deve prestare attenzione, oppure trattasi di una questione tutta italiana, ad Agrigento, nel carcere di Petrusa dove vi sono ad oggi detenute 482 persone a fronte di una ricettività di 248 va in scena l’ennesimo suicidio. Se è vero che la civiltà di un popolo si misura dalle sue carceri, la misura è colma.
Aldo Mucci
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