Borse su, borse giù. Bollettino di cifre ad alto tasso ansiogeno. Ogni giorno su tanta stampa e TV ci assillano la vita come se fosse soltanto una questione di numeri la nostra esistenza . Ripianare il debito, diminuire aumentare il tasso di sconto, spread, ma che cavolo vogliono dirci e comunicarci questi economisti scienziati del buon andamento dei conti pubblici. Non se ne può più, algidi ragionieri contabili ci assillano la vita quotidianamente imponendoci con grande violenza e manipolazione delle coscienze (non si sa se strategicamente architettata o inconsapevolmente) di adeguare i nostri ritmi e tempi di vita al listino borse, prezzi debiti ed altre astruserie contabili degne di un azzeccagarbugli di manzoniana memoria. No, grazie, non siamo numeri e cifre, preferiamo vivere la nostra vita semplicemente nutrendoci di umanità, e, perché no, anche di solidarietà sociale. Una domanda la facciamo a questi illustri economisti e banchieri di professione: “C’è un prezzo per le nostre vite? A quanto ammonta lo spread tra l’italiano comune, l’inglese, il tedesco e il francese? E soprattutto è giusto attribuire soltanto un valore al denaro e non già agli essere umani?”
Siamo arrivati a 7 miliardi, quindi il valore aggregato di tutti questi esseri umani andrebbe pure calcolato secondo i criteri del valore strettamente economico, in modo da accrescere il cosiddetto PIL del mondo globale. Che se la paghino loro questa crisi, gli aridi speculatori sulle finanze e disgrazie altrui. Il filosofo politico inglese John Gray dimostra ad esempio, nel suo libro Alba bugiarda. Il mito del capitalismo globale e il suo fallimento, come al mito costruito del mercato libero si accompagnino anche molte leggende, che vale la pena di sfatare, per amore di verità. Una di queste è che il libero mercato crei ricchezza per tutti.
Chissà perché, a seguito di ogni crisi finanziaria, i più ricchi si arricchiscono sempre più, mentre i piccoli risparmiatori si impoveriscono sempre di più. Se c’è crisi, come mai una guerra da fare la si trova sempre dietro l’angolo, il nemico lo si costruisce ad arte anche se lo è stato da sempre, magari usufruendo per un certo periodo di un salvacondotto formalmente riconosciuto da quegli stessi paesi che, in base al vento delle convenienze e opportunità, da ostili al tiranno di turno d’improvviso diventano compagni di merenda. Se c’è crisi come mai i capitali per fabbricare armamenti tali da combattere contro l’esercito già addestrato e ben equipaggiato di un altro Stato estero si trovano lo stesso. Per non parlare delle taglie con cifre astronomiche messe sulla testa del tiranno di turno per comprare le defezioni dei suoi più stretti collaboratori. Avrei una proposta da fare per ripianare il debito pubblico italiano: redistribuzione della ricchezza e taglio drastico delle spese belliche.
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