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Palermo, Convegno sulla pianificazione territoriale e la gestione delle emergenze,

Scritto da il 16 Dic 2011/ 22:12. Letto 1.172 volte. Registrato sotto Convegni, Cronache, In evidenza, Palermo. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

La pianificazione territoriale e la gestione delle emergenze”, questo il titolo del convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti Conservatori della provincia di Palermo e dall’Associazione Architetti per il Restauro, svoltosi di recente nella splendida Sala Convegni “Mario Scavuzzo”, in via Principe di Camporeale a Palermo.
Il dibattito ha costituito un importante occasione di confronto tra architetti, ingegneri, geologi ed esponenti della Protezione Civile, sull’annoso problema legato alla fragilità del suolo siciliano e sulle modalità di salvaguardia del patrimonio edilizio e ambientale.
I relatori, coordinati dall’architetto Isidoro Mendola, responsabile del settore Protezione Civile dell’Ordine degli Architetti di Palermo, sono partiti da una riflessione ben precisa: in Sicilia sono sempre più frequenti terremoti, alluvioni, frane ed incendi boschivi che non possono più essere considerati eventi occasionali.
Per far fronte a tali disastri naturali occorre approdare ad una costante azione di tutela e conservazione del territorio e ad una rilettura costruttiva dei piani di urbanizzazione cittadina per intervenire lì, dove l’emergenza sisma ed esondazione fa capolino più insistentemente, come ha sottolineato il vice presidente nazionale del Consiglio degli Architetti Rino La Mendola, che ha aperto i lavori.
Basti pensare al rapporto, redatto nel 2010, dal Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi in collaborazione con il Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia ed il Territorio (Cresme) che rileva circa 17.000 edifici ad elevata criticità idrogeologica tra cui 59 scuole e 5 ospedali, nonché 1.500.000 edifici a rischio sismico tra cui 4.856 scuole e 390 ospedali.
Agli eventi naturali, si affiancano le responsabilità innegabili dell’uomo: una pianificazione territoriale poco attenta, crescita edilizia caotica e impoverimento delle superfici coltivate a causa dello spostamento verso le città, restringimento forzato e cementificazione degli argini dei fiumi, oltre al forte abusivismo, fomentato da deleteri annunci di sanatorie in materia.
A proporre alcune soluzioni è stato l’ingegnere Pietro Lo Monaco, direttore del Dipartimento Regionale della Protezione Civile, per il quale “la formazione e la sensibilizzazione della società, a partire dai tecnici del mestiere fino ai semplici cittadini, sono i primi passi verso la costituzione di una prevenzione efficace che, oltre ad minimizzare i disagi provocati da queste calamità, ha un costo più ridotto rispetto agli oneri di riparazione e di rigenerazione del territorio”.
Una forte collaborazione tra funzionari amministrativi, architetti, ingegneri, urbanisti e geologi dovrebbe portare ad un’effettiva presa di coscienza di quelli che sono i problemi morfogeologici della nostra isola, così da attuare politiche di sviluppo urbano e rurale, di recupero e di rivalutazione dei centri storici, di prevenzione e di lotta all’abusivismo.
Il problema principale secondo Lo Monaco, è addebitabile a quei geologi che rilasciano autorizzazioni a costruire in spazi a forte rischio sismico e alluvionale, e a quegli architetti che non si curano delle leggi in vigore o talvolta non riescono a convincere i committenti dell’impossibilità di edificare.
Senza dimenticare che molto spesso queste due figure professionali non entrano nemmeno in contatto, poiché gli architetti interloquiscono direttamente con le amministrazioni comunali che, non di rado, propongono piani regolatori non oculati e orientati verso un allargamento delle periferie.
La proposta è dunque quella di “porre maggiore attenzione nella fase di pianificazione urbana, con particolare attenzione al monitoraggio delle vulnerabilità territoriali – ha concluso Lo Monaco – per attuare la rifunzionalizzazione dell’area interessata con intelligenza e spirito di prevenzione, derivati da un lavoro congiunto di Ordini professionali e Protezione Civile”.
In rappresentanza di quest’ultima è intervenuto l’ingegnere Calogero Foti, del Dipartimento Regionale, che ha raccontato aneddoti relativi alle sue esperienze in situazioni d’allarme, sottolineando come una buona parte del merito durante le operazioni di salvataggio, vada riconosciuta ai numerosi volontari impegnati.
“La Protezione Civile – ha spiegato Foti – è un’organizzazione che pianifica i sistemi di prevenzione e di risposta a calamità naturali, e si occupa di gestire e coordinare gli aiuti che offrono le Forze Armate, i Carabinieri, la Polizia, i Vigili del Fuoco ed i volontari: questi, grazie alle campagne di sensibilizzazione attuate da sempre dal nostro sistema, conoscono le norme comportamentali e di gestione del panico durante i casi di pericolo e con grande forza d’animo spesso fanno la differenza, tant’è che il Dipartimento italiano di Protezione Civile è stato riconosciuto tra i migliori a livello internazionale.”
L’intervento di Foti si è caratterizzato anche per la visione di un progetto urbanistico dotato di punti in cui si possa garantire sicurezza ed accoglienza agli sfollati in casi critici, durante i quali è necessario fare evacuare la popolazione, in un’ottica, dunque, di prevenzione e di aiuto concreti.
Gli altri relatori, tra i quali l’architetto Rosario Cultrone, il geologo Giuseppe Basile, l’ingegnere Giuseppe Chiarenza del Dipartimento Regionale della Protezione Civile e l’architetto Matteo Scognamiglio, già Soprintendente ai BB.CC.AA. di Caltanissetta, hanno analizzato, in un excursus tra morfologia del territorio, storia dell’urbanizzazione, teoria della tettonica a zolle, orografia, vegetazione e idrografia, un quadro completo della situazione regionale che appare realmente critica su molti punti: in un contesto martoriato dai terremoti, sia sulle coste che all’interno, e con particolari rilievi che danno vita a condizioni idromorfologiche d’allarme, sono nate costruzioni singole ed interi paesi in aree in cui si prospetta ben presto un disastro naturale.
E allora di fronte a questi dati, occorre innanzitutto che gli urbanisti abbiano il coraggio di disattendere le richieste di sindaci che propongono dubbi piani regolatori, spesso intrinseci di esasperata ricerca di nuovi siti di espansione edilizia, e che al contrario preferiscano adottare misure di riqualificazione urbana sostenibile che, oltre al recupero compatibile degli edifici esistenti, garantiscano sicurezza e risparmio di risorse e di energie, migliorando la qualità della vita dei cittadini e rivalutando i centri storici.
In una visione proiettata verso il futuro, spetterà comunque all’uomo comune correre ai ripari, poiché già a partire dal semplice cittadino, si può dare il via ad un preciso e meticoloso lavoro che parte dal ridisegnare una società caratterizzata da una maggiore coscienza del proprio territorio, anche attraverso una politica di educazione ambientale fondata sulla prevenzione.

Matteo Volpe

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