Si rilegge ancora la confusione su quanto la carta fondamentale dello Stato, la Costituzione, detta.
In particolare, l’obiettivo è l’articolo 36, il quale recita testualmente: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
Se quanti s’appellano a tale articolo capissero qualcosa di diritto, sarebbe lapalissiano l’erroneo ricorso allo stesso per attaccare ancora sul concetto di consulente gratuito.
Qualunquemente (!!!), tale articolo si riferisce non al lavoro intellettuale ma a quello specifico del dipendente, il quale assume obblighi e diritti. Evidente, che tale articolo non si può applicare al lavoro intellettuale, in quanto in tale tipo di lavoro non è configurabile: 1) durata massima della giornata lavorativa, 2) riposo settimanale, 3) ferie retribuite. Al lavoro intellettuale, si applicano gli articoli del Codice civile allo stesso deputati.
A quanti non si occupano della materia, forse è lecito ricordare che , molto spesso, la retribuzione in denaro è sostituita da benefit di altra natura (auto, buoni pasto, alloggio, computer, telefono etc etc..). Dunque, è possibile rinunciare al compenso in denaro, anche per i dipendenti. L’articolo afferma, al contrario, che non è possibile rinunciare al riposo settimanale ed alle ferie e, a memoria, nessun rapporto di lavoro statuito nei CCNL prevede tale ipotesi.
Dunque, a chi non si occupa di tale materia ma che la usa a sproposito ignorandone l’essenza, è bene consigliare di documentarsi appropriatamente prima di scrivere cavolate, generando confusione e disinformazione.
URL breve: http://sicanianews.altervista.org/?p=5294